NERONE: DUE INCENDI IN DUE ANNI.

Nerone da sempre è stato un personaggio controverso, la storiografia da subito non gli ha fatto sconti, anzi, lo ha trattato proprio male! Più di quanto effettivamente meritasse.
Di sicuro non aveva avuto un infanzia felice , ne un adolescenza spensierata. Sua Madre, Agrippina, era sorella di Caligola e fu costretta a sposare un uomo molto più anziano di lei, da cui ebbe Il Futuro Imperatore.
Agrippina rimasta vedova riusci a farsi sposare dallo Zio Claudio, imperatore che era succeduto a Caligola, e a brigare in modo tale da far si che Nerone fosse nominato dal debole Claudio come erede al trono, al posto del suo figlio legittimo, Britannico.
Alla Morte di Claudio, Il diciassettenne Nerone salì al trono, o meglio, fu imperatore di facciata, per alcuni anni, durante i quali fu Agrippina la vera Imperatrice.
Le varie vicende successive , se si studiano con attenzione le fonti, sarebbero da riscrivere. Se è vero che La figura dominante di Agrippina fu sostituita dopo che l’imperatore contrasse matrimonio in seconde nozze con Poppea, non è provato ma anzi piuttosto dubbio che la responsabilità sulla morte della madre fosse di Nerone, ma piuttosto di Poppea e di altri notabili della corte, che , complice la debole personalità dell’imperatore, tramavano per ottenere sempre più potere e denaro.

Asse di Nerone Coniata a Lugdunum nel 66 d.c. con il ritratto dell’imperatore.

Umanamente Nerone parrebbe essere un bamboccione non privo di umanità e con uno spiccato amore per le arti, in cui si dilettava per la maggior parte del tempo, ma dopo la morte della madre si trovò a dover affrontare in prima persona le responsabilità del governo del più grande impero dell’antichità.
Secondo quanto riportato da alcuni storici dell’epoca, al momento di firmare una condanna a morte Nerone disse una frase rimasta famosa: “come vorrei non saper scrivere!” .
Anche Napoleone Bonaparte, del principato Neroniano ebbe a dire “ Fu Severo con i grandi e comprensivo con i piccoli”, ed è probabilmente per questo che la storiografia lo ha condannato esaltandone difetti e tacendo delle virtu’.
Certo, era un uomo dissennato e molto particolare, viziato e megalomane, ma non era peggiore degli altri potenti della dinastia di cui era esponente ne degli uomini e delle donne della sua stessa corte.
Omicidi e persecuzioni erano all’ordine del giorno , nelle corti del primo secolo dell’impero e anche Nerone non ne fece a meno, ma era una prassi che fu tristemente reiterata anche da Imperatori di cui gli storici hanno disegnato ritratti fin troppo benevoli.
Il Popolo lo amava e per molto tempo dopo la sua morte, ci fu la leggendaria attesa di un suo ritorno, nonostante la damnatio memoriae che i nuovi governanti e gli storici misero in atto.
La moneta da cui prendiamo spunto è un asse, un sottomultiplo del Sesterzio e fu coniata a Lugdunum nelle gallie nell’anno 66 dopo Cristo.
Nel 66 era ancora in corso la ricostruzione di Roma e la stessa ricostruzione di Lugdunum, che ricordiamo, è l’odierna Lione. Le due città a distanza di un anno l’una dall’altra, subirono due devastanti incendi.
L’incendio di Roma scoppiò la notte tra il 18 e il 19 luglio del 64 nella zona del Circo Massimo e infuriò per sei giorni (cit. Tacito e Svetonio), propagandosi in quasi tutta la città.
Il 27 luglio tutto era terminato.

Gli scavi condotti nelle aree maggiormente interessate dall’evento hanno spesso incontrato strati di cenere e materiali combusti, quali evidenti tracce dell’incendio. In particolare sono stati rinvenuti, in alcuni casi, frammenti di arredi metallici parzialmente fusi, a riprova della violenza delle fiamme e delle elevatissime temperature raggiunte.
L’imperatore si trovava ad Anzio, ma raggiunse immediatamente l’Urbe per conoscere l’entità del pericolo e decidere le contromisure, organizzando in modo efficiente i soccorsi, partecipando in prima persona agli sforzi per spegnere l’incendio.
Nerone mise sotto accusa i Cristiani residenti a Roma, per evitare dicerie che lo accusassero direttamente e probabilmente perché, effettivamente alcuni di questi, ebbero una reale responsabilità nella genesi dell’incendio.
Lo storico Dimitri Landeschi attraverso una accurata ipotesi storica ricostruisce i drammatici avvenimenti che si svolsero a Roma negli anni 64 e 65 d.C., avanzando l’ipotesi che ad incendiare Roma con ogni probabilità, fossero un pugno di fanatici appartenenti alla frangia più estremista della comunità cristiana , con la complicità morale di taluni ambienti dell’aristocrazia dell’urbe, che avevano interesse a provocare malcontento nei confronti della corte imperiale.
Landeschi, nel formulare la sua ipotesi, riprende e sviluppa le teorie sviluppate da storici del calibro di Carlo Pascal, Gerhard Baudy e Giuseppe Caiati.
L’imperatore aprì i suoi giardini per mettere in salvo la popolazione e si attirò l’odio dei patrizi facendo sequestrare imponenti quantitativi di derrate alimentari per sfamarla, comunque, colpevoli od innocenti che fossero, dai duecento ai trecento cristiani vennero messi a morte.
Tra i cristiani uccisi il 64-65 e il 67 ci furono anche san Pietro e san Paolo: Nerone avrebbe ordinato la decapitazione di Paolo di Tarso e, più tardi (o prima), secondo la tradizione cattolica, anche la crocifissione di Pietro.
Lugdunum dimostrò sempre una grande devozione nei confronti di Nerone, inviando un contributo di quattro milioni di sesterzi in occasione del grande incendio di Roma del 64 e rifiutandosi nel 68 di unirsi alla rivolta aristocratica contro l’imperatore.
Nel 65, Lugdunum subì a sua volta un terribile incendio che, secondo Seneca, la distrusse quasi completamente in un solo giorno.
Lo storico locale André Steyert nel 1899 sostenne che le parole di Seneca fossero un esagerazione e sminuisce: “Il fuoco si è propagato nella città bassa, si è esteso sui fianchi della collina, ma non ha raggiunto la zona più elevata”. L’imperatore Nerone decretò comunque l’immediato invio di soccorsi e di cospicui sussidi.
Nerone morì due anni dopo la coniazione di questa moneta, ormai abbandonato da tutti, fu deposto e il senato elesse Galba come suo successore.
L’ex principe tentò la fuga ma alla fine si suicidò nella villa di un suo Liberto, poco fuori Roma .

Aveva solo 31 anni.

Un personaggio strano e straordinario allo stesso tempo, su cui si potrebbero sprecare romanzi e racconti senza riuscire minimamente ad intaccare il fascino leggendario che il suo nome evoca ancora oggi.

Fabio Cappellini

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