Vi ricordate il rumore?

Vi ricordate il rumore?

La prima volta che ho capito che stava cambiando il rumore di fondo che accompagna la nostra vita è stato nel 2008.
Certo, parlo di Pistoia, periferia, in Toscana.
Può non essere percepibile allo stesso modo, in altre zone d’Italia.
Ma se vi concentrate nel ricordo, mi darete ragione.
Nel 2006 comincia lentamente una crisi economica che non ha uguali dal dopoguerra.
Un pò per incapacità, un pò per mancanza di risorse e di pianificazioni, nel nostro paese, questa assume toni drammatici…
All’epoca abitavo nella zona di Serravalle ed avevo imparato a convivere con il rumore delle auto e dei camion che risuonava nella vallata, amplificato dalla galleria autostradale.
Nel giro di pochi anni, due o tre, questo suono diventò sopportabile e poi prese a diradarsi, specialmente di notte.
Quando nel 2017 tornai ad abitare a Pistoia, la sensazione divenne più netta.
Molte meno macchine che si muovevano alla sera, rispetto agli anni novanta o al primo decennio di questo millennio.
Ma soprattutto meno camion.
Quelli che hanno la mia età si ricordano certamente la grande varietà di camion che circolavano.
Dai furgoncini a allestimenti vari dai 45 ai 100 quintali di portata, fino ai tir, ai bilici.
Adesso vediamo furgoncini di piccole ditte, e tir. E i corrieri che portano in giro le cose che per pigrizia compriamo su internet.
Pochissimi camion di portate e allestimenti intermedi.
Perchè erano i Veicoli che muovevano il made in Italy, che spostavano la produzione nazionale ai centri di distribuzione, ai grossisti, alle migliaia di negozi. Era il prodotto delle piccole fabbriche o delle botteghe artigiane che si muoveva.
Il rumore di quei veicoli, in moto perpetuo, giorno e notte, è quasi estinto.
E con lui si è estinto il lavoro sano, duraturo. Quello che da dignità e permette di guardare al futuro.
Il Covid ha fatto di più, ancora di più di quanto ha fatto la crisi.
Ha bloccato il rumore.
Lo ha congelato e reso silenzio. Solitudine.
Non è vero che questo silenzio che sentiamo adesso, è lo stesso dei tempi antichi…
Non ci sono le veglie nelle aie, il brusio e il chiacchiericcio davanti ai bar.
Non si sentono le grida di bambini che giocano, i gruppetti di adolescenti che chiacchierano seduti sui motorini o sul muretto, e le voci, quelle di gente allegra e un pò verace, come le vongole.
Siamo tutti molto più educati, diffidenti, impauriti.
Abbiamo smesso di ridere, di essere felici.
Quello della felicità era un rumore che il mondo intero ci invidiava.
Viaggiamo con l’ avvocato in tasca, pensiamo al nostro orto, siamo insensibili ai problemi altrui, a meno che non siano problemi che debbano essere messi in evidenza dal politicamente corretto.
Questa evoluzione ha trasformato le risate in rabbia, risentimento, infelicità.
Il rumore.
Il silenzio.
Siamo educati, egoisti e vecchi.
E i giovani li abbiamo sfrattati.
Non gli lasceremo che macerie e ossa spolpate. E silenzio, naturalmente.
Il Rumore.
Il valore reale di questa percezione con quale metro lo misuriamo?
Con quale moneta lo paghiamo il valore di ciò che sentiamo o non sentiamo nelle orecchie?
Abbiamo fatto un passo avanti?
Abbiamo fatto un passo indietro?
Non abbiamo percepito il cambiamento epocale che stiamo vivendo, se non in parte.
Ma nel silenzio che gli fa da colonna sonora, si può percepire il nostro futuro.
Renderlo migliore è un dovere, tentare di rimediare è obbligatorio, per far si che i nostri figli possano perdonare la nostra stupidità, la nostra inerzia, la nostra assoluta mancanza di senso di solidarietà tra categorie di cittadini.
La nostra colpevole e barocca vanità.
Un pò di rumore è necessario.

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